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Il maggio Mariano e la Madonna di Monte Auro.

di Antony Gallo – Storico dell’Arte

Sono molti i paesi che, nel maggio mariano, celebrano la Tutta Bella attraverso le molteplici Peregrinatio verso quei santuari, spesso dislocati sulle alture o tra i boschi della nostra Lucania.

Questi luoghi, più di altri, si prestano a percepire il rapporto con la trascendenza: i monti e le foreste, le sorgenti e le grotte, infatti, sono sempre stati luoghi epifanici in quanto “fuori portata” e accessibili dopo un percorso di sacrificio fisico e di “purificazione spirituale”.

I nostri riti, però, non sono altro che un rimando a miti e tradizioni pagane precedenti.

Il cristianesimo delle origini non li ha soppressi, ma li ha solo ricondotti al suo mito autentico di configurazione biblica, attribuendo, per esempio, a Cristo l’immagine di «sole» che nasce da Oriente, e determinandone simbolicamente la nascita nel dies natalis solis invicti, già festa pagana del solstizio d’inverno divenuta poi “Natale del Signore”.

Anche i simboli applicati a Maria risalgono alla più remota antichità pagana. La luna e l’acqua, attributi delle dee-vergini, sono simboli comuni alle mitologie perché corrispondono agli archetipi fondamentali della psiche umana che li legge come segni di fecondità e di purezza scaturenti dall’eterno femminino. (“Bianca più della luna, e le stelle più belle non sono belle al par di te”, recita un canto popolare mariano)

E il culto mariano? Erano necessarie queste premesse per arrivarci.

Apuleio nelle sue Metamorphoseon (XI: 8-17) cita il culto di Iside che, dal punto di vista formale, non si discosta molto, nelle sue componenti spaziali e drammatiche e per l’uso di elementi simbolici, dalle processioni mariane attuate un po’ ovunque nel mondo cristiano e anche qui da noi, in Basilicata.

Il rito propizia una buona navigazione per il nuovo anno ed è ammaliante nella sua spettacolarità. Quella stessa Iside, divenuta poi Demetra, portata in processione – a spalla o trainata dai buoi – per fecondare i campi e propiziarne il raccolto, oggi diventa Maria, accennata e venerata con i vari titoli a Lei conferiti dalla tradizione popolare:

“Il simbolismo pagano della venerazione della Grande Madre, quando è stato ben integrato nella forma cristiana, ha consentito di guardare a Maria per riflettere sul mistero di Dio con metafore femminili e corrispondere alle più pure aspirazioni del cuore umano che si intenerisce sempre per l’amore della madre.”

Processione della Madonna di Monte Auro – Anni ’40 Archivio fotografico Giovanni Carone

 

 

Anche Corleto rientra in questa lunghissima tradizione. La prima domenica di maggio è da sempre consacrata a Maria, qui venerata sotto il titolo di Madonna del Monte Auro, nota anche come “Madonna della Montagna o della Frittata”. Tante sono le documentazioni fotografiche attestanti il culto e tanti sono i racconti tramandati oralmente di quando “si attraversava il fiume perché non c’erano strade…”.

La devozione popolare, qui come altrove, ha sempre fatto riferimento a Maria anche se, nell’ultimo ventennio, mossa forse dalla ricerca di una fede più “miracolistica” e più spettacolare, si è orientata verso quei santuari mariani certamente più rinomati (Viggiano, Novi Velia, Pompei…).

 

 

 

Ma quanto può aver influito il culto della Madonna Nera anche qui a Corleto?

Certamente non siamo rimasti del tutto indifferenti e lo dimostra il fatto che, proprio negli anni ’80, all’indomani del terremoto che colpì l’Irpinia e la Basilicata, si intensificò la devozione verso la Madonna Nera di Viggiano, proclamata poi, da Giovanni Paolo II, Regina e Patrona delle Genti Lucane.

Risale a quegli anni l’intervento di restauro del simulacro originario della Madonna del Monte Auro, sostituito, negli anni ’60 del secolo scorso, dall’immagine che tutti noi veneriamo, benedetta da Papa Pio IX.

 

Ma perchè due Madonne di Monte Auro nello stesso santuario? E perché una di esse è nera?

 

La originaria effigie della Madonna di Monte Auro, nella Chiesa Madre di Corleto Perticara. Archivio fotografico G. Carone.

 

 

 

In effetti la cappella accoglie, per tutto l’anno, l’immagine originaria della Madonna che – ricordiamolo – non era nera.

Riconducibile, presumibilmente, alla prima metà del 700, la statua lignea subì nel corso dei secoli diversi rimaneggiamenti. L’attraversamento del fiume e il danneggiamento provocato dai ratti ne avevano compromesso la stabilità. Fu proprio negli anni ’50 che si scelse di sostituire l’immagine con una che ne ricordasse quantomeno le fattezze.
Nuova statua processionale, nuova caggia (tempietto processionale che accoglie il simulacro), dipinte entrambe da Sebastiano Paradiso.

 

 

 

 

Ma non si poteva semplicemente restaurare?

Difficile da pensare in quegli anni! Bisognerà infatti attendere la Convenzione di Parigi del 1970 per poter parlare di “Bene culturale” da conservare e tutelare. In Italia, invece,venne emanato solo il 22 gennaio 2004 il codice dei beni culturali e del paesaggio dopo un settantennio di attività amministrativa regolata dalle leggi Bottai del 1939.

La madonna di Monte Auro prima del restauro degli anni ’80
Interventi di restauro – Anni ’80

Vanno letti in quest’ottica tutti gli interventi “conservativi” ed estetici eseguiti in quegli anni nella nostra comunità. Negli anni ’80, forse per distinguere le due “Madonne” o semplicemente per il piacere di avere una madonna nera tutta corletana, si scelse di ridipingere la statua e di modificarne i colori. Nel corso di quel restauro, parzialmente documentato dalle immagini, furono rimosse tutte parti aggiunte all’unico blocco di legno di cui é composta l’opera (stoppa, iuta, colla, ridipinture…). L’intera superficie, infatti, era ricoperta da uno strato di depositi superficiali coerenti e incoerenti, presenti soprattutto nelle parti aggettanti, e negli incavi del modellato.

 

La nuova immagine della Madonna di Monte Auro, dipinta da Sebastiano Paradiso nel 1960. Archivio fotografico: Carmelo Paradiso
Caggia processionale, realizzata negli anni ’60 e dipinta da Sebastiano Paradiso. Arch. fotografico: Carmelo Paradiso
L’immagine restaurata negli anni ’80 da E. Lauria, conservata presso il santuario di Monte Auro. Archivio parrocchiale – 2021
Particolare dell’immagine restaurata negli anni ’80 da E. Lauria, conservata presso il santuario di Monte Auro. Archivio parrocchiale – 2021
La madonna “pellegrina”, attualmente condotta in processione verso il Santuario della montagna nella prima domenica di maggio.